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Luca Re presenta SP57: "Questo EP è solo il primo passo di un racconto"

  • Immagine del redattore: QBMusica
    QBMusica
  • 3 giu
  • Tempo di lettura: 4 min

luca re
LUCA RE - cover: 35jumpelia 

Luca Re - giovane cantautore classe 2000 - ci accompagna dentro le pieghe più intime del suo nuovo EP “SP57”, un progetto nato da un’esigenza profonda e personale: quella di raccontare sé stesso attraverso la musica, in un momento di svolta della sua vita.


Luca dimostra come il racconto musicale possa diventare un modo per restare presenti, autentici, vulnerabili. SP57 non è solo un EP, ma l’inizio di un percorso progettuale che si articolerà in più tappe. Di seguito la nostra intervista:



Siamo qui per parlare del tuo nuovo EP, SP57, uscito il 16 maggio.

Ti va di presentarcelo? Vuoi anche presentarti un po’ per chi non ti conosce?

Io sono Luca Re, classe 2000, da Varese provincia, e faccio musica ormai da circa 5 anni.

Ho il mio progetto musicale da 5 anni, anche se tutto è partito un po’ prima. Da piccolo mia madre mi costringeva a suonare la chitarra, e alla fine l’ho ringraziata, perché è stata una delle cose che mi ha legato alla musica inizialmente.

In questi 5 anni sono usciti diversi progetti, anche EP. Però questo ultimo EP, in vista anche del percorso che andremo a fare nei prossimi due anni, è sicuramente il progetto più importante che abbiamo realizzato. Doveva essere un disco, ma per vari motivi non era possibile farlo ora, quindi abbiamo deciso di fare un EP, come ho sempre fatto, per rendere le persone partecipi del mio percorso. SP57 prende il nome da una strada; è il primo passo di un racconto che continuerà con un secondo EP e poi un disco.


C’è stato un momento in cui hai capito che volevi sviluppare tutto questo percorso narrativo in questo modo?

All’inizio pensavo a un disco più universale, con temi generali. Poi è successo un evento: l’incidente di mio padre l’estate scorsa. Avevo un viaggio in Puglia programmato, e proprio in quel periodo mio padre era in ospedale. È stato difficile partire, ma quando sono arrivato giù, mi sono sentito accolto con affetto dalla mia famiglia che non vedevo da dieci anni. Nonostante la tragedia, la situazione è migliorata, e questo senso di “casa” lontano da casa mi ha fatto pensare che c’era qualcosa da raccontare di più. Così ho deciso di rendere il progetto più intimo e personale.


Nella parte iniziale del disco, l’intro dà già un’idea del tema. L’ordine delle canzoni è stato scelto con un criterio preciso?

Un po’ e un po’. È stato naturale una volta arrivata la musica. L’intro serviva a introdurre le persone nel mio immaginario. L’ordine delle tracce ha un senso: Sarò pronto è uno sfogo elettronico, un saluto al suono elettronico del 2023–24. Poi c’è Un posto nuovo, che arriva dopo una consapevolezza, e infine SP57 chiude il tutto con il titolo e il concetto del disco.


In Sarò pronto citi 7 7mbre, un tuo vecchio brano. Era un riferimento voluto?

Sì, Sarò pronto è una traccia di sfogo, con tante cose che non andavano. Cito 7 7mbre perché anche quella era una valvola di sfogo. È per dire “sto rivivendo le stesse vibes” di quel momento.


In Un posto nuovo dici: “Se ti fissi su una cosa non serve a cambiarla.”

Qual è il tuo consiglio per riuscire a cambiare le cose?

Non è facile. A volte la vita ti mette davanti a cose che non puoi cambiare, quindi l’unica cosa che puoi cambiare è il tuo punto di vista. Quando sono arrivato in Puglia, la mia prospettiva è cambiata. Ho ricostruito rapporti, ho vissuto qualcosa di positivo nonostante la difficoltà. Il mio consiglio è cercare il positivo anche quando tutto sembra negativo.


Come ti ha aiutato la musica in generale, e in questo periodo?

Musica e vita sono sempre andate di pari passo. Quando evolvo musicalmente, cresco anche a livello personale. Io sono uno che non parla tanto dei suoi problemi, ma nella musica riesco a farlo. È un modo per sentirmi meno solo, per riflettere, e in questo progetto mi ha aiutato tanto.


Quando dici che la vulnerabilità non ti ha mai spaventato, pensi che ci sia ancora spazio per essere fragili nella musica e nella vita?

Deve esserci. Per me essere sincero e vulnerabile è la chiave per arrivare alle persone, anche se non lo faccio con questo obiettivo. Lo faccio perché mi viene naturale. La musica è il mio modo di comunicare quello che nella vita normale non riesco a dire. Ci deve essere spazio per la fragilità.


In una tua frase dici: “Vivere nel presente per essere presente.” Quando hai capito che questo approccio funzionava?

Dopo l’incidente di mio padre, ad agosto, mi ero perso nei pensieri del futuro. L’unica cosa che mi ha riportato al presente è stato proprio quell’evento. Da allora ho deciso di vivere il presente, anche se il mondo corre. Ho imparato ad apprezzare quello che ho ora.


C’è qualcosa che vorresti rimanesse all’ascoltatore?

Vivere il presente. È questo che ti fa apprezzare davvero quello che hai. Io sono molto più felice da quando vivo così, e spero che anche altri possano provarci grazie a ciò che ho scritto.


Hai lasciato qualcosa fuori, magari per un progetto futuro?

Per quanto riguarda questa parentesi della mia vita, credo di aver detto tutto. Sicuramente ci sarà una seconda parte: il ritorno a Varese, Milano, in una realtà che corre e non ha vissuto quello che ho vissuto io. Questo sarà raccontato nel prossimo progetto.


C’è qualcosa che vuoi aggiungere, che non ti ho chiesto?

Sì, quanto sono stato contento di ricevere messaggi dalle persone dopo l’uscita dell’EP. È stato emozionante. Il mio progetto è piccolo, ma ha sempre voluto essere per tutti, in modo naturale. I messaggi ricevuti sono la conferma che sto andando nella giusta direzione.


Domanda di rito: qual è l’augurio che fai a te stesso e alla tua musica?

Rimanere sempre così. Arrivare a più persone possibili, ricevere quei messaggi che dimostrano che la mia sincerità è arrivata. Mi auguro di continuare a essere complicato ma anche chiaro nei concetti. Questo è tutto quello che desidero.

 
 
 

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