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Stefano Bruno: "Per le strade del cielo" nasce dalle piccole imperfezioni


Stefano Bruno, classe 1990, milanese. Si avvicina alla musica nel 2010, dopo il diploma in ragioneria, con le prime esperienze musicali da cantante solista in duo acustico, poi in una band. Nel 2017 ha fatto parte del coro soul gospel SOUL VOICES Milano diretto da Wendell Simpkins. Nel novembre 2019 esce sulle piattaforme digitali il suo primo singolo Ho cercato il tuo nome. Successivamente ha pubblicato i brani Carlotta e Scrivilo sul mare. E' uscito il 29 settembre 2020 il disco di debutto Per le strade del cielo che racconta l’inquietudine di chi sente ogni tanto quello strano bisogno di allontanarsi, perdersi per poi ritrovarsi. Una dichiarazione d'intenti, uno stile di vita che significa sognare, stare con la testa fra le nuvole, con la testa per aria. L'abbiamo invervistato.


Ciao, per iniziare come nasce il tuo nuovo album Per le strade del cielo”?

Ciao. Avete presente la canzone "Costruire" di Niccolò Fabi? Ecco. E’ nato così. “Giorno dopo giorno, in silenzio e rinunciando alla perfezione”. Dalle piccole imperfezioni, dal disordine di tante immagini, dalle insicurezze e dai silenzi di un ragazzo timido e impacciato.


Cos’è la musica per Stefano?

Può essere tante cose. Un linguaggio, un ponte che avvicina e riduce la distanza fra me e gli altri. Ma anche una bussola che mi guida, mi suggerisce, lancia segnali e mi indica la strada da percorrere. Quando non ho una direzione o una risposta, arriva lei con una soluzione. E’ una forza che mi muove. Senza musica sarei un automa, apatico e senza emozioni.


Sappiamo che sei diplomato in ragioneria. Come hai capito che quella non era la strada giusta per te e che avresti voluto fare musica?

A parte sognare e viaggiare, ho sempre avuto le idee un po' confuse su quello che volevo fare da grande. Ragioneria era solo una strada come un'altra verso un diploma e il mondo del lavoro. Nessun numero, diploma o lavoro può inchiodarti a un destino! In cinque anni sono cresciuto e dopo il diploma i miei obiettivi erano diversi. Era il momento di dare retta a quei segnali e fare ciò che mi faceva stare bene. Succede così all'improvviso, senti qualcosa che ti brucia dentro che non puoi più reprimere, rimandare. Te ne fotti se è giusto o sbagliato. Vai dritto per la tua strada.


Qual è il messaggio che vuoi mandare con questo nuovo album?

"Per le strade del cielo" è un mondo fatto di emozioni più che di suppellettili. Non è un luogo immaginario, del tutto sconnesso dal tempo e dallo spazio, ma piuttosto un “mondo perduto”, un rifugio che va riscoperto. E’ un’oasi di vita, poco conosciuta dalle cartine geografiche e dal GPS.


Nell’album troviamo più tracce malinconiche, quanto ti ha fatto male e quanto bene scriverle?

Ciò che mi ha fatto male non sono le canzoni, ma essermi trattenuto nella vita per troppo tempo, trattenendo parole ed emozioni. Questo è il motivo principale per cui nelle mie canzoni trasuda malinconia. Scrivere mi ha fatto solo del bene per ritrovare leggerezza e lasciare svanire dei blocchi. Ecco perché dico sempre che scrivere è fisiologico. La maggior parte di ciò che scriviamo è solo pattumiera e buttare fuori quelle scorie è necessario per ripulire l’anima. Il materiale che poi va in una canzone è solo una piccola parte.


Qual è la traccia del nuovo album a cui tieni maggiormente?

E’ una domanda difficile perché ogni traccia ha un valore particolare per me. Adesso, per il momento che stiamo vivendo, penso sia Italia turrita, un inno che mostra come accettare i nostri limiti e le nostre fragilità può diventare la nostra forza.


Le tue canzoni sono autobiografiche o ispirate a storie che hai incontrato?

Le mie canzoni sono autobiografiche anche quando non parlano direttamente di me. Non si può essere sempre i protagonisti di ogni cosa. Si osserva meglio da più prospettive. A volte basta essere una comparsa, un figurante o magari il narratore, un infiltrato invisibile di cui nessuno si è mai accorto. Grazie alla malinconia si può viaggiare, vivere altre vite e scoprire mondi nuovi senza neanche spostarsi. Le mie esperienze e le vite degli altri si mischiano e si influenzano a vicenda.


Quali sono gli artisti che più ti hanno influenzato musicalmente?

Sono cresciuto con la musica italiana di Battisti, Carboni, Tiziano Ferro, Antonacci. Battiato, Dalla, Pino Daniele, Modugno e De André aggiungevano alle loro canzoni qualcosa di etnico che mi piaceva, mi incuriosiva e mi portava lontano. Ho sempre amato il rock. Ma quando per la prima volta sentii uscire dallo stereo "Shine On You Crazy Diamond" dei Pink Floyd, rimasi stregato. Durante l'adolescenza tra i miei ascolti preferiti c’erano Scorpions, Doors, David Bowie, Depeche Mode, Oasis, Radiohead e R.E.M.


Cosa consiglieresti ad un artista emergente?

Accettare la nostra natura ed essere se stessi è l’unica strada per essere unici.


Progetti per il tuo futuro musicale? Puoi farci qualche spoiler?

Continuerò a promuovere l’album ma ho altri pezzi nuovi che sono in fase di produzione. Girerò un videoclip di un brano. Non sono molto social, ma se siete smanettoni, curiosi e volete seguire i miei progetti futuri potete spulciare sui social.


Per concludere, una domanda di rito: qual è l’augurio che fai a te stesso e alla tua musica?

Spero sempre di rimanere me stesso, ma mai lo stesso.

Spero che la mia musica accompagni momenti di vita, riesca ad arrivare là dove le parole spesso non possono arrivare e sia di conforto come quella di altri lo è stato per me.


Nel ringraziarti di essere stato con noi, ti facciamo un grande in bocca al lupo!


Simona Valentini

Arianna D'Ambrogio

Alessia Campiti

Flavia Paoli

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