top of page
Cerca
  • Immagine del redattoreQBMusica

Ermal Meta: Non abbiamo armi


Dopo "Umano" (2016) e "Vietato morire", uscito un anno fa e contenente la titletrack con cui Ermal Meta si posizionó sullo scalino più basso del podio del Festival di Sanremo, il 9 febbraio 2018 ha visto la luce il suo terzo lavoro da solista: “Non abbiamo armi". Il nuovo progetto include anche "Non mi avete fatto niente", il brano con cui Ermal Meta e Fabrizio Moro si sono aggiudicati il leoncino sanremese della 68esima edizione del Festival. In “Non abbiamo armi” c’è del rock, c'è del pop, c'è un po' di elettronica, insomma, c’è tutta l’essenza di Ermal Meta. Tra pochi giorni Ermal partirà per un instore tour che toccherà varie città d’Italia (parte da Roma il 13 febbraio p.v), ma l’evento da non lasciarsi assolutamente sfuggire è la presentazione del nuovo progetto al Mediolanum Forum di Assago (MI) il 28 aprile 2018. Oltre al brano cantato a Sanremo 2018, la tracklist comprende altre 11 canzoni: 1. Non mi avete fatto niente feat. Fabrizio Moro 2. Dall’alba al tramonto 3. 9 Primavere 4. Non abbiamo armi 5. Io mi innamoro ancora 6. Le Luci di Roma 7. Caro Antonello 8. Il Vento della vita 9. Amore Alcolico 10. Quello che ci resta 11. Molto bene, molto male 12. Mi salvi chi può Il duo composto da Ermal Meta e Fabrizio Moro ha vinto il Festival di Sanremo 2018 con la canzone “Non mi avete fatto niente”. L’idea di comporre un testo forte e significativo è venuta dopo l’attentato di Manchester, infatti il brano parla degli attentati terroristici, della crudeltà degli avvenimenti che ci hanno visti tutti protagonisti e il ritornello, in particolare, si rivolge proprio agli attentatori. I due cantautori vogliono urlare a tutti di non aver paura. “Dall’alba al tramonto” è uno dei brani più ritmati dell’intero album, è travolgente, il ritornello entra in testa al primo ascolto. Se ci mettessimo nei panni di un radiofonico probabilmente questa sarebbe la canzone più passata nel nostro programma radio. Quest’estate balleremo dall’alba al tramonto sulle note di questa canzone. “9 primavere” è la ballad romantica tipica del cantautorato italiano, con un testo travolgente. La melodia è ariosa, procede attraverso alti e bassi, proprio come ogni storia d’amore. Le parole del testo sono quelle che tutti gli innamorati vorrebbero sentirsi dire dal proprio partner. Racconta un evolversi di emozioni, di piccoli passi fatti in 3400 giorni d’amore. Le lacrime, cosa di cui gli uomini spesso tendono a vergognarsi, non sono nulla di speciale, sono solo acqua con il sale. Non si devono trattenere le emozioni in quanto lasciarsi andare è la chiave per affrontare ogni situazione e non alterare l’essenza delle sensazioni. “Ma l’unico modo che conosco per volermi bene è attraverso te” La title track è “Non abbiamo armi”. Il primo istinto nei rapporti interpersonali è quasi sempre cercare di preservare una parte di emotività, non donarsi completamente, ma solo quando ti apri e “concedi” il tuo vero essere ti resta qualcosa. Contro questo “non abbiamo armi” perché fondamentalmente le uniche armi che abbiamo sono le nostre emozioni. 

“tu abbracciami senza fine. Non abbiamo armi per difenderci dagli altri. Non abbiamo armi, ma abbiamo queste mani che servono da scudi” Le cose cambiano continuamente, si evolvono, nel bene e nel male. Il destino ci può essere amico ma anche rivale, tutto può succedere. “Non abbiamo armi contro il cambiamento ma adesso tu mi puoi proteggere dentro  ad un abbraccio”. La quinta traccia del progetto è “Io mi innamoro ancora”. Nella vita di tutti i giorni c’è la continua ricerca di qualcosa di più rispetto a quello che si ha. Il tempo scorre, non si ferma, ne siamo quasi schiavi, ma dobbiamo imparare ad amare le piccole cose, ad accontentarsi e valorizzarle al meglio. Nell’ostinata ricerca di una felicità forse anche effimera, non ci si deve dimenticare che la musica ci cambia, ci trasforma e non ci abbandona. “A questa vita io gli voglio bene”. Nel momento in cui si preme play ci si trova immediatamente immersi in un suggestivo panorama romano, buio, ma “Le luci di Roma” illuminano la strada e i pensieri. È un brano evocativo, è evidente una mancanza, non per forza amorosa, che attanaglia la mente del protagonista. “Volevo darti un aereo di carta da lanciare nell’aria. Ho scritto lì tutti i miei sogni per vederli andare via.” Caro Antonello è una giornata di merda, ma va tutto bene, in fondo respiro ancora”. Possiamo definirla una lettera di sfogo, un modo per liberarsi dalle avversità e dagli ostacoli che la vita mette nel lungo cammino chiamato vita. “Almeno mentre si canta non si può mai morire, quindi na na na na” Sono state utilizzate molte espressioni dialettali e sono presenti vari riferimenti ai testi di Venditti, ogni frase diventa una lezione. Si evince una profonda stima e ammirazione nei confronti di Antonello Venditti. Il futuro è l’incognita che costella l’esistenza di ognuno. Chiunque ha voglia di costruirsi un futuro in base ai propri desideri, ai propri sogni, anche se la società di oggi ci spinge ad omologarci ad un sistema fintamente perfetto. È importante lasciarsi spingere da “Il vento della vita”.

L’incertezza del futuro è prorompente, ma bisogna rischiare e soprattutto non pentirsi di quello che si è fatto nel passato. L’amore può essere definito il fil rouge che lega tutte le canzoni dell’album. Questo sentimento a volte può far male, ma soprattutto l’ostinata ricerca di quest’ultimo. “Bere fa male, il fumo uccide, ma nessuno mai qui ti dirà che è peggio amare, crea dipendenze pericolose, mi servirebbe un po’ di amore alcolico. L'amore, al pari delle dipendenze, è in grado di portarci all'ossessione ed assuefarci, come fosse una pozione magica dalle conseguenze positive, ma basta sbagliare un ingrediente o uno stupido passaggio per provocare l’effetto opposto. La decima traccia dell’album è “Quello che ci resta”. La vita ci mette di fronte a molti ostacoli, ma vale la pena rischiare, provare, mettersi in gioco, proprio perché non si sa quello che succederà domani. “Dicono che questa vita é un lunga corsa e il resto non si sa”. L’amore è ciò che ci tiene in vita, tutto quello che resta nonostante tutto e tutti, perciò bisogna averne cura, custodire la sua fiamma ad ogni costo, proteggerla dal mondo che può spegnerla in ogni istante. “Ma alla fine ciò che conta é l’amore che ci resta”. Si può individuare un incoraggiamento a vivere appieno le esperienze e fare degli errori un insegnamento. “Se ci fosse anche per me una carezza per ogni errore, avrei un cuore bellissimo senza un graffio e senza paure ma l’amore che spacca le ossa non lascia ferita”

Molto bene, molto male” è l’undicesima canzone dell’album. L’esperienza fortifica e fa crescere, ma non bisogna aver paura dell’incertezza e appoggiarsi, metaforicamente parlando, all’amore che ripara e protegge. “Si può cadere se non provi non sai, non sai chi sei” Nella vita si può cadere, ma se non si rischia si vive a metà. “La tua pelle sarà lo scudo che avrai”

L’album si conclude con la canzone più distante dallo stile di Ermal, o almeno da quel piccolo spicchio del suo mondo che ci ha mostrato finora: Mi salvi chi può. È il brano più lungo del progetto con i suoi 5:55 minuti. Ascoltando la canzone sembra divisa in due parti, c’è un cambio di tonalità che “spacca” la canzone. Ci immergiamo in un brano Elettro Pop, c’è un utilizzo costante del synth. “Fine.”

bottom of page